Quando la “resilienza” si fa uomo…e musica.
La testimonianza di Ezio Bosso.
“Quando si apriranno le ‘gabbie’, la prima cosa che farò è mettermi al sole. E abbraccerò gli amici. Ci metteremo a ridere o ci spunteranno le lacrime. Non so come sarà. Ma qualsiasi cosa sia sorrideremo. Felici di essere vivi”.
Così diceva nella sua ultima intervista, Ezio Bosso.
In queste parole c’è tutta quella che noi psicologi amiamo chiamare “resilienza”, uno di quei paroloni che però non sanno restituire la forza della vita che invece parole come queste sanno regalare.
Parole piene di desiderio, ed è proprio il desiderio che ci salva. E’ solamente quando anche in isolamento, anche in situazioni critiche riusciamo a desiderare, a coltivare la passione, che possiamo salvarci.
Perché la passione è anche sofferenza: già l’etimologia ce lo dice. Senza scomodare i dizionari, ce lo dice la fisicità di Ezio Bosso che oggi si è arresa ma ce lo dice ancora di più la sua anima, quella musicale soprattutto, che quella no, non si è arresa mai e non muore oggi.
E quanto deve farci riflettere che quell’anima abbiamo potuto apprezzarla soprattutto (purtroppo) una volta che la sua fisicità ha iniziato a cambiare perché è allora che ha potuto arrivare a tanti di noi, anche grazie a Carlo Conti che l’ha invitato a quel Festival di Sanremo del 2016. E quella ribalta la affrontava con quell’umiltà che è tipica dei grandi e la meritava più di tanti che la calcano con presunzione.
Un modo per onorare Ezio Bosso ce l’abbiamo tutti: ce lo insegna la sua caparbietà. Lui che da alcuni tempi non poteva suonare il pianoforte e implorava che non glielo chiedessero perché andava onorato come si deve. Sì, a volte abbiamo buoni motivi per non fare ciò che non facciamo ma la resilienza che ci insegna Ezio Bosso è quella di chi non rimanda, di chi succhia il gusto della vita oggi, al di là delle condizioni che ci sono offerte, al di là dei limiti e della libertà.
Allora chiediamocelo, che cosa ci rende felici. Anche se siamo adulti, e questa domanda ci sembra da bambini. E chiediamolo ai nostri bambini, che cosa li rende felici.
Soprattutto oggi, in tempi di Coronavirus, che da loro pretendiamo sacrifici grandi, chiediamoglielo.
E lasciamo narrare a loro e a noi anche ciò che oggi non si può fare perché già riportarlo alla memoria protegge dal non avere speranza.
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